Cimitero delle Fontanelle - 40.000 resti umani accalcati per l'eternità - Luoghi Fantasma

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Cimitero delle Fontanelle - 40.000 resti umani accalcati per l'eternità

Luoghi Fantasma > Italia > Campania
Provincia: Napoli
Tipologia: Cimitero
Stato attuale: Buono
Periodo edificazione: XVI secolo
Periodo abbandono: anni ‘70
Motivo abbandono: Abbandono culto
Accesso: Su strada
Modalità di visita: Guidata gratuita
« Questo guazzabuglio di fede e di errore, di misticismo e di sensualità, questo culto esterno così pagano, questa idolatria, vi spaventano? Vi dolete di queste cose, degne dei selvaggi? E chi ha fatto nulla per la coscienza del popolo napoletano? Quali ammaestramenti, quali parole, quali esempi, si è pensato di dare a questa gente così espansiva, così facile a conquidere, così naturalmente entusiasta? In verità, dalla miseria profonda della sua vita reale, essa non ha avuto altro conforto che nelle illusioni della propria fantasia: e altro rifugio che in Dio »

Matilde Serao

Per descrivere il cimitero delle Fontanelle non si può non esordire con questo scritto di Matilde Serao; il Cimitero delle Fontanelle è un antico luogo di culto della città di Napoli; estremamente caratteristico, non unico ma raro nel suo genere.
Il nome delle “fontanelle” deriva dal fatto che anticamente in questo luogo ci fossero numerose sorgenti d’acqua; infatti, prende il nome dalla strada, Via Fontanelle, e dalla zona che assume lo stesso toponimo; il sito accoglie oltre 40.000 resti umani appartenenti alle epidemie di peste del 1656 che fece nella sola città di Napoli circa 250.000 vittime (oltre la metà della popolazione) e all’epidemia di colera del 1836.
Il cimitero è noto ai più per un motivo differente dal fatto che siano in esposizione migliaia di crani ed ossa umane: qui è nato il culto delle anime “pezzentelle”.
In sintesi le persone si recavano in questo cimitero per “adottare” un cranio (detto capuzzella) che, sistemato, posto al riparo e curato, doveva dare, in cambio della cura dell’anima abbandonata (detta anima pezzentella), protezione alla persona che lo adottava.

DESCRIZIONE

Il territorio su cui si estende il cimitero è di circa 3000 metri quadrati e si sviluppa all’interno di antiche cavità di tufo all’interno della collina di Materdei grandi all’incirca 30000 metri cubi.
Le gallerie sono di forma trapezoidale e sono tre, alte circa quindici metri e lunghe un centinaio di metri; sono collegate da corridoi altrettanto alti e largi circa dieci metri.
Data la grandezza di questi corridoi e queste sale che ricordano anche una basilica, questi sono chiamati anche navate.
Ogni navata ha delle corsie, dove sono collocati i resti umani e le navate hanno nome proprio. La navata di destra è detta navata dei “preti” perché posti resti provenienti da chiese; la navata centrale è detta navata degli “appestati” poiché accoglie coloro i quali perirono in seguito ad epidemie; la navata di sinistra è detta dei “pezzentielli”, ovvero della gente povera.
Questa zona rientra nel rione Sanità, un'area antica e ricchissima di storia posta proprio al di fuori dell’antica città greco-romana, in una zona che a quel tempo era destinata alla necropoli e che poi è stata inglobata dalla città. Nello stesso luogo si trovano, oltre alle necropoli pagane, anche i primi cimiteri cristiani.
All’interno la cappella esistente è sostituita con una chiesa esterna alla fine del XIX secolo detta di Maria Santissima del Carmine; anche se alcune celebrazioni hanno continuato ad essere svolte all’interno del cimitero stesso.
Nella navata dei Preti è possibile vedere, oltre alle classiche “capuzzelle” anche i resti di due scheletri posti vicini che la credenza popolare definisce come “i due sposi”.
Proseguendo si ammira, illuminata da un raggio di luce che si dice impossibile, la statua del Monacone, raffigurante San Vincenzo Ferrer, caratteristica perché acefala.

Sul fondo c’è la zona detta del “tribunale”, in cui ci sono tre croci, luogo dove, secondo alcuni, si riunivano i vertici della camorra per iniziare i nuovi affiliati attraverso riti di sangue.
La corsia in questione ospita il teschio più famoso del cimitero, ovvero quello del “Capitano” su cui storie e leggende si sprecano e talune sono anche correlate ai due sposi.
Non lontano dal teschio del Capitano vi è la zona denominata “Il calvario”, ma la sistemazione originale è andata perduta a causa di un’alluvione.
La navata degli appestati contiene l’ossoteca, una grande cappella costituita da tibie e femori con, al centro, un Cristo risorto. E’ possibile osservare tutti i teschi adottati e posti in sicurezza in contenitori di vetro, legno o marmo, secondo le possibilità di chi li adottava ed anche secondo il riscontro della protezione ricevuta.
Chi non aveva possibilità economiche poneva il teschio, dove poteva, anche in scatole di cartone.
Nell’ultimo ambiente di questa navata è possibile vedere gli scolatoi, i luoghi dove le spoglie erano poste affinché perdessero i liquidi corporei per poter poi essere messe in dimora definitiva. Ancora visibili sulle pareti sono le grappiate, ovvero le cavità nelle mura con le quali i cavatori di tufo si spostavano verticalmente nelle cave.
Nei pressi della cappella interna è possibile vedere la riproduzione della Madonna di Lourdes e di Bernadette; inoltre ci sono anche due bare dove sono posti gli unici due corpi ben visibili di tutto il cimitero, sono i corpi di due nobili: Filippo Carafa, conte di Cerreto, duca di Maddaloni, morto del 1793 a 84 anni e la sua signora, donna Margherita, morta a 54 anni si dice, a causa del soffocamento mangiando uno gnocco; ciò si evincerebbe dal fatto che sia morta con la bocca aperta, cosa visibile dal fatto che il corpo sia mummificato e visibile al pubblico.
Di fianco alla cappella c’è un presepe a grandezza naturale.
STORIA

Questo sito contiene i resti di chi non poteva permettersi una degna sepoltura e i resti di coloro i quali furono colpiti a morte nelle varie epidemie che han flagellato Napoli nel corso della sua travagliata storia.
Nel cimitero delle fontanelle è possibile trovare le umane spoglie di persone che, non avendo disponibilità economica non potevano permettersi una sistemazione degna, ma anche coloro i quali, la disponibilità la avevano, infatti, molti dei resti presenti all’interno del Cimitero delle Fontanelle, invece, sono di molte persone che, in vita, disponevano di essere sepolti nelle chiese, una pratica molto diffusa soprattutto nel settecento; poiché nelle chiese, oramai, lo spazio scarseggiava, i becchini, dopo aver finto la sepoltura in una chiesa, nottetempo, caricavano il cadavere in un sacco e lo portavano in una delle tante cave di tufo.
Tali corpi, a causa di numerose inondazioni e il successivo allagamento di queste gallerie, furono portati alla luce in strada; non conoscendo i nomi dei defunti, furono costruite, all’interno delle cavità di tufo che ospitavano i corpi, dei piccoli muretti con altari per dare un po’ di dignità a questi scheletri e da qui nacquero luoghi come il cimitero delle fontanelle.
Molti corpi sono ossa ritrovate durante la sistemazione di Via Toledo nel 1852 risalenti alla peste del 1656; inoltre, nel 1934, furono ivi collocate anche le ossa rinvenute nella risistemazione di via Acton, non lontano dal Maschio Angioino e quelle della chiesa di San Giuseppe Maggiore, demolita nello stesso anno durante l’opera di risanamento del quartiere Carità.
Le cave di tufo nelle quali è stato ricavano il cimitero, assieme ad altre nella zona, sono cave che sono state utilizzate sino al 1600 da cui si estraeva il tufo per la costruzione degli edifici della città; lo spazio, invece, rimasto in seguito alla chiusura delle suddette cave, fu utilizzato a partire dal 1656, quando ci fu la prima epidemia di peste.
L’utilizzo della cava come cimitero proseguì sino all’epidemia di colera del 1836 e all’interno della stessa cava furono posti anche i resti delle ossa provenienti dalle chiese che furono bonificate dai resti umani come ordinato dai francesi e Murat ed anche da altri siti, come il Maschio Angioino.
Secondo fonti non accertate, alcuni studiosi dell’ottocento avrebbero contato circa otto milioni di ossa di cadaveri anonimi all’interno del cimitero delle Fontanelle; come detto in precedenza, ora si possono contare “soltanto” 40000 resti, ma si dice che al di sotto del piano di calpestio, ci sia uno strato di almeno 4 metri in cui sono stipati resti umani ben ammassati dai becchini dell’epoca.
Nel 1872 il cimitero fu aperto al pubblico e fruibile da tutti; fu affidato al canonico Gaetano Barbati che sistemò le ossa secondo la tipologia dividendo per zona le varie ossa e organizzò una chiesa temporanea in attesa di una sistemazione più consona del tutto.
Nel XX secolo, invece, il parroco della chiesa adiacente al cimitero, tale Vincenzo Scancamarra, pose all’attenzione delle istituzioni ecclesiastiche lo strano fenomeno dell’adozione delle “capuzzelle”, che egli riteneva pagano e morboso; così, dopo una riflessione da parte del tribunale ecclesiastico, si proibì tale culto consentendo, però, che fosse celebrata una messa al mese per queste anime del purgatorio e una processione all’interno del cimitero ogni 2 novembre, ricorrenza dei defunti.
La decisione del tribunale ecclesiastico non fermò certo le persone che avevano adottato una “capuzzella”, ma l’usanza cadde del dimenticatoio a causa di una progressiva perdita di devozione da parte dei napoletani; così, il cimitero fu abbandonato e a causa di ciò i segni del tempo iniziarono a farsi sentire. Numerosi furono i crolli della volta che si susseguirono uniti anche a qualche atto vandalico.
Nel 2002 s’iniziò a mettere in sicurezza il sito e a riordinare l’ossario, ma l’apertura al pubblico rimase un’eccezione. Nel 2010, grazie all’intervento degli abitanti del rione tramite una pacifica occupazione del luogo, il comune ne ha deciso la nuova apertura.
LEGGENDE

Sono moltissime le curiosità e le leggende che girano su questo luogo.
La leggenda delle spoglie di Giacomo Leopardi
Si dice che qui siano disposte anche le ossa del famoso poeta Giacomo Leopardi, morto durante l’epidemia di colera del 1836. Infatti, nonostante si dica che i resti del poeta siano stati posti prima nella cripta, poi nella chiesa di San Vitale e poi nel Parco virgiliano a Piedigrotta, esiste una teoria tutt’altro che fantasiosa sulla sorte delle spoglie mortali di Leopardi.
La leggenda del Capitano
Il teschio del Capitano ha una storia particolare e su di esso si è detto e scritto tanto.
Queste sono due delle leggende che ci sono sul teschio del Capitano:
la prima riguarda una giovane promessa sposa che era molto devota al teschio del capitano e che era solita recarsi sovente a pregarlo, a chiedergli grazie e a prendersi cura di lui.
Il fidanzato della giovane, colto da un’immotivata gelosia per tutte quelle attenzioni che la sua promessa sposa dedicava al teschio, mascherandosi da scettico, decise di accompagnarla portando con sé un bastone di bambù; questo bastone lo conficcò nella cavità orbitale del teschio e, deridendolo, lo invitò al suo matrimonio.
Il giorno delle nozze apparve fra gli invitati una figura misteriosa che nessuno conosceva, questi era vestito da carabiniere e attrasse l’attenzione di tutti, compresi i due sposi; alla richiesta di delucidazioni dello sposo, il carabiniere rispose che proprio lui lo aveva invitato nel mentre che gli accecava un occhio, così, si spogliò mostrandosi per quello che era, cioè uno scheletro. A quell’azione gli sposi e gli invitati morirono sul colpo.
L’altra versione è addirittura del Maestro Roberto De Simone che mise in scena alcune leggende napoletane.
Questa era la leggenda di un giovane camorrista, che aveva la fama di bugiardo e dongiovanni; la sua spregiudicatezza lo portò a profanare il cimitero delle fontanelle facendovi, una notte, l’amore con una donna. Durante l’atto udì la voce del capitano che lo rimproverava, ma a questa egli derise il capitano sfidandolo.
Lo sfidò a presentarsi al suo matrimonio, giurando fra se di non sposarsi mai; dopo qualche tempo, non memore della promessa fatta, decise di sposarsi e al pranzo di nozze si presentò, fra gli altri, un personaggio vestito di scuro che nessuno conosceva ma che spiccava per la figura austera.
Alla fine del pranzo gli fu intimato di rivelare la sua identità, giacché nessuno era venuto a capo di chi fosse; a ciò rispose di avere un dono da dare agli sposi in privato e così fu, ricevuto l’austero uomo in una camera attigua, fu solo un attimo in cui in lui fu riconosciuto il Capitano e il contatto con questi provocò la morte immediata degli sposi.
Un’altra storia sul “capitano è presa dal sito www.letturefantastiche.it:

…una signora aveva due figli, due giovani di circa vent'anni, che erano partiti per il fronte senza averne più alcuna notizia.
Consigliata da alcune amiche, una mattina, era il mese di luglio del '43, andò al Cimitero delle Fontanelle e riuscì a parlare con chi fungeva da guardiano. Dietro compenso, il guardiano pregò questa signora di tornare il giorno successivo, poiché le avrebbe lasciato la chiave di quel luogo. "Pregate la testa del capitano - fece - e non vi preoccupate". La mattina dopo la signora tornò, trovò la chiave, aprì ed entrò così nel cimitero. Si avvicinò subito al teschio del capitano, s'inginocchiò e lo pregò come se fosse stato un santo. Dopo una decina di minuti, sentì dei passi come di più persone che stessero per entrare.
Si girò e vide due carabinieri. La cosa le diede un sospiro di sollievo, non era più da sola e a maggior ragione, anzi, se si trattava di carabinieri. Il tempo di girarsi un'altra volta, i carabinieri erano svaniti, ma sentiva ancora i passi. Presa dalla paura, tornò indietro, salì tremante le scale e trovò la porta chiusa a chiave, così come l'aveva lasciata lei. Tirò fuori la chiave, aprì e pensò a come quei due carabinieri potessero essere entrati se la porta era chiusa. Scappò via in condizioni pietose, piangendo.
Una volta arrivata a casa, ricevette la visita di due carabinieri! Come se li vide davanti la signora svenne. Fatta rinvenire, i carabinieri le comunicarono la notizia da lei tanto ardentemente attesa. Avevano infatti con sé due lettere scritte dai figli della signora, aperte, dato che allora vi era la censura: stavano bene e ben presto sarebbero tornati a casa!".

La leggenda della “capa che suda”

Si racconta che il teschio di Donna Concetta rimanga così come si vede, lucido, nonostante non sia mai toccato da nessuno: è detto “ ‘a capa che suda”.
Mai è ricoperto di polvere, mai è opaco e sporco, ma lo si vede sempre lucido e splendente; probabilmente riesce a raccogliere meglio l’umidità del luogo e si formano le goccioline, in verità, non si sa come, ma la credenza popolare vuole che sia il sudore delle anime del purgatorio.
Secondo la tradizione Donna Concetta esaudisce la richiesta di grazie e per verificare la veridicità di ciò, si dovrebbe toccare il teschio, se la mano rimane bagnata è segno positivo.
Sono troppe le storie che girano attorno a questo luogo, poiché considerato porta di comunicazione fra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. Ad esempio, negli anni ’70 del XX secolo, si dice che fossero numerosissime le persone che sostavano fuori al cimitero in attesa delle ombre che il teschio di tale Don Francesco, cabalista spagnolo, doveva mandare per dare i numeri da giocare al lotto.
Ma in fondo, come si faceva a sapere quale teschio scegliere o di chi fosse?
Il teschio veniva pulito e lucidato, posto su fazzoletti ricamati e adornato di lumini, fiori e rosario. A ciò seguiva l’apparizione dell’anima in sogno e si faceva riconoscere.
Quando si pregava un’anima, gli si alleviavano le sofferenze del purgatorio, quindi in cambio si sperava che quest’anima realizzasse un qualche desiderio espresso dal fedele, spesso si trattava dei suddetti numeri del lotto, altre volte, quando non si riusciva a rimanere incinte, alcune donne chiedevano l’aiuto in questo senso.


Per altre informazioni su storia e curiosità si rimanda alla pagina Wikipedia.

Per sapere quando è possibile visitare questo luogo ci si dovrebbe recare sul posto ed avere fortuna.

Sul cancello del cimitero è scritto che l’orario di visita è dalle 9.00 alle 16.00.
Sul sito internet Artecard l’orario di visita è dalle 10.00 alle 17.00.
Sul sito della regione Campania c’è scritto che è aperto tutti i giorni dalle 10.00 alle 13.00.
Yelp riporta apertura tutti i giorni, tranne il mercoledì, dalle 10.00 alle 17.00.
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Articolo: Fabio Di Bitonto

Foto: Fabio Di Bitonto


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