Pàlcoda - Il rifugio dei partigiani - Paesi Fantasma

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Pàlcoda - Il rifugio dei partigiani

Paesi Fantasma > Italia > Friuli Venezia Giulia
Provincia: Pordenone
Tipologia: Borgo rurale
Stato attuale: Ruderi
Periodo edificazione: XV sec
Periodo abbandono: 1950 circa
Motivo abbandono: Ubicazione non ottimale
Accesso: Su sentiero CAI
Modalità di visita: Libera
Siamo tra le montagne friulane, Pàlcoda è una frazione del comune di Tramonti di sotto in provincia di Pordenone.

Situato sulle Alpi Carniche a 628m di altitudine, è un un villaggio fantasma molto suggestivo soprattutto per il paesaggio naturale nel quale è inserito
raggiungibile solo da sentieri che partono da alcuni paesi relativamente vicini.
La zona era antropizzata già nel ‘400 da pastori di passaggio ma fu nel XVII secolo che cominciarono a stanziarsi delle persone.

Il secolo successivo Pàlcoda diventa un vero e proprio borgo che si sostenta con agricoltura, allevamento, commercio dei cappelli di paglia che all’epoca erano esportati in tutta Europa ed inoltre c’erano fornaci e mulini.
Nel 1780 fu eretta la chiesa del paese, la chiesa di San Giacomo, modestamente ricca di opere d’arte, che era composta da un unico corpo a pianta rettangolare con il presbiterio e l'altare posto a ridosso del muro fatto interamente di pietra e che era rivestito in marmo rosa ed ornato da tre statue in marmo di Santi : al centro San Giacomo, a sinistra San Bartolomeo e a destra un santo Domenicano (le statue restaurate possono essere viste presso la Pieve di Santa Maria Maggiore a Tramonti di Sotto) . Il campanile, posto sul lato sinistro della facciata, s'innalza fra le case ed è ben visibile da lontano. In questo periodo storico gli abitanti, detti Pàlcodans, erano fra i 100 e i 150.Il 1914, nonostante una popolazione di ben 126 individui, segnò il momento del declino poiché subito dopo scoppiò la I guerra mondiale che accentuò il fenomeno dell’emigrazione e decimò la popolazione.
Il borgo riprese vita durante la II guerra mondiale diventando il rifugio dei partigiani in quanto ottimo luogo per nascondersi per la sua impenetrabilità.

Da quando è stato abbandonato a Pàlcoda sono accadute poche cose ad eccezione della ristrutturazione della chiesa avvenuta nel 2011.
Da allora il villaggio vive solo con la natura che di giorno in giorno lo cattura nella sua trappola.
Un articolo di Lorenza Stroppa
(scritto in occasione della presentazione del libro a Pordenone e ripreso, in forma ridotta, dal Gazzettino)

"Palcoda sembra il nome di un uccello raro, di una località colombiana, di una nuova auto spagnola.
E  invece è il nome di un borgo ormai dimenticato sul versante sud del  monte Brusò, sopra Tramonti di Sotto. Il suo aspetto oggi è di poche  case sventrate, un campanile alto e svettante, “pulito e lucidato a  nuovo”, e sterpaglie, pietre e rovi dove una volta c’erano vie e piazze.

“Qui è tutto nudo e dannatamente fermo”, scrive nel racconto “Se viene  neve” Mauro Daltin, scrittore udinese, classe ‘76, alla sua seconda  opera di narrativa, “I piedi sul Friuli.

Viaggio tra lune, borghi e  storie dimenticate“ (ed. Biblioteca dell‘immagine). A Palcoda Pietro, il  suo alter ego letterario, ci è arrivato a piedi, fiutando “l’odore  della luna” che permea questi posti abbandonati, invasi dal muschio e  dal silenzio, ma dove la storia sembra essersi cristallizzata, attaccata  come una pianta del deserto alle rovine per succhiarne il resto della  vita.
E la storia di Palcoda, ci racconta Daltin, è densa di  emozioni. Qui nel 1944 si rifugiarono una sessantina di partigiani della  “Garibaldi Tagliamento” capitanati da Giovanni Bosi (nome di battaglia  “Battisti”) e dalla sua compagna, Jole di Cillia (nome di battaglia  “Paola“). Il paese allora era disabitato da poco più di vent’anni, e,  nascosto nella montagna, in mezzo ai boschi, lontano dalle vie più  battute (Tramonti si trova a poco più di due ore a piedi)
 era un rifugio perfetto. Per pochi giorni Palcoda riprese vita, difesa e  controllata dai partigiani, abitata dalle loro vite transitorie,  coraggiose.

I suoi abitanti, dopo la crisi economica seguita alla  prima guerra mondiale, avevano a poco a poco abbandonato il paese,  lasciandolo al bosco. Gli ultimi ad andarsene erano stati i fondatori di  quello sparuto ma ostinato gruppo di case, la famiglia Masutti, che nei  primi del Novecento aveva dato vita anche alla fiorente produzione di  cappelli di paglia di Palcoda, che venivano addirittura esportati  all’estero.

Con i partigiani il villaggio riprese vita per poco  tempo, i suoi fantasmi convissero assieme alla brigata di Battisti, che  fu attaccata dai nazifascisti il 9 dicembre del ‘44, in un assalto in  cui morirono Bosi, Jole e il compagno Sergio (all’anagrafe Eugenio  Candon). Altri dieci furono giustiziati dopo un processo alla Corte  Marziale, mentre il resto della brigata riuscì a scappare, disperdendosi  nel bosco.

Il racconto si sviluppa in parallelo tra questi due  abbandoni forzati, entrambi figli della storia, incisi sulla pelle di  pietra del paese “come cicatrici profonde”. “L’immagine di un abbandono è  sempre definitiva e nitida”, scrive Daltin, e le sue parole che la  raccontano sono come pietre, scagliate nella superficie della nostra  memoria.

“I piedi sul Friuli”

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Articolo: Fabio Di Bitonto

Foto:

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