Pentedattilo - Le cinque dita del diavolo
Provincia: Reggio Calabria
Tipologia: Rocca con castello
Stato attuale: Rovine
Periodo edificazione: 640 a.C.
Periodo Abbandono: 1783-1960
Motivo abbandono: Terremoto
Accesso: Su sentiero
Modalità di visita: Libera
Tipologia: Rocca con castello
Stato attuale: Rovine
Periodo edificazione: 640 a.C.
Periodo Abbandono: 1783-
Motivo abbandono: Terremoto
Accesso: Su sentiero
Modalità di visita: Libera
Il significato del toponimo “Pentedattilo” è cinque dita e deriva dal greco (Penta Daktilos).
Il borgo abbandonato si trova in Calabria, nella provincia di Reggio, ed è stato definito uno dei luoghi più suggestivi dell'intera regione.
Il significato delle cinque dita deriva dalla conformazione delle rocce che fanno da sfondo al paese: trattasi di una sporgenza del monte Calvario a forma di cinque punte che ricordano fortemente la forma di una mano.
In seguito al disastroso terremoto avvenuto nel XVIII secolo sono poche le strutture rimaste in piedi.
La storia del paese è interessante: fu fondato nel 640 a.C. da alcuni coloni Greci, detti Calcidesi; successivamente, in epoca romana, Pentedattilo era un fortino di controllo sulla fiumara di S. Elia, la quale consentiva un accesso agevole per i monti dell’Aspromonte.
Dopo il dominio romano, il borgo visse un primo, parziale, abbandono sino all’avvento dei Bizantini e poi dei Normanni (XI secolo).
Come molti paesi della Calabria grecanica anche Pentedattilo visse un periodo di continui passaggi di proprietà, di famiglia in famiglia, finché il borgo fu acquistato dai Marchesi Alberti.
Proprio l’acquisizione del borgo da parte degli Alberti diede luogo ad uno degli eventi sanguinari indimenticabili di Calabria.
Era il 1686, la famiglia degli Alberti aveva come rivale la famiglia degli Abenavoli (Baroni di Montebello, vecchi feudatari di Pentedattilo); le rivalità nascevano da questioni di confini vecchie di anni.
All'epoca fu trovato un modo per porre fine alle rivalità vecchie di decenni attraverso il matrimonio fra il capostipite della famiglia Abenavoli, il barone Bernardino, e la figlia del marchese Domenico Alberti, Antonietta.
Bernardino era perdutamente innamorato della donna; purtroppo però Don Petrillo Cortez, figlio del viceré di Napoli, ebbe occasione di conoscere Antonietta e di innamorarsene.
Don Petrillo Cortez fu lesto nel chiedere, dopo la morte del marchese Domenico nel 1685, la mano di Antonietta al fratello Lorenzo il quale acconsentì senza indugio alcuno.
La notizia della promessa di nozze scatenò l’ira del barone Bernardino il quale decise di vendicarsi della famiglia degli Alberti, e così fece…
E’ la notte del 16 aprile 1686, aiutato dal buio, Bernardino si introduce a Pentedattilo sin dentro il castello degli Alberti, con lui ci sono alcuni uomini armati pronti ad uccidere.
Il gruppo di uomini sorprende Lorenzo nel sonno trucidandolo a colpi di lame e fucili dopodiché inizia a vagare nel castello colpendo a morte chiunque incontrasse e addirittura, in alcuni casi, divertendosi a torturare alcuni di loro, compreso un bimbo di soli 9 anni.
La contesa Antonietta viene risparmiata come anche suo marito, Don Petrillo Cortez, il quale viene preso in ostaggio come garanzia affinché non ci fossero ritorsioni da parte del viceré stesso.
I due vengono tradotti nel castello di Montebello dove Antonietta è costretta da Bernardino a sposarsi con lui e Don Petrillo è tenuto prigioniero.
La notizia giunge sino alle orecchie del viceré Cortez il quale invia una piccola milizia per vendicarsi a sua volta.
La milizia libera Don Petrillo e cattura alcuni membri della strage i quali vengono decapitati;
le loro teste vengono appese ai merli del castello degli Alberti.
Bernardino invece riesce a fuggire con Antonietta; mentre Antonietta si nasconde in un convento cercando ed ottenendo l’annullamento del
matrimonio alla Sacra Rota e rimanendo a vita in clausura, Bernardino si rifugia prima a Malta e poi a Vienna dove trova la morte dopo essersi arruolato nelle file dell’esercito Austriaco nel 1692.
Questi avvenimenti sono stati ovviamente oggetto di ispirazione per molte leggende nella zona, uniti poi alla particolare conformazione della roccia che ospita il borgo chiamata da molti “Mano del diavolo”; addirittura taluni giurano di sentire le urla della strage di quella notte in alcune particolari notti.
Un'altra leggenda dice che la notte del 16 Aprile,ogni anno, se si scruta in paese si scorgono delle strane ombre, simili a madri che tengono i figli per mano e che corrono inseguite da persone col coltello che tentano di ucciderli; sta di fatto che tutt'oggi gli abitanti di Pentadattilo nuovo di notte non si avvicinano mai al paese vecchio in quanto coperto da un mistero fitto e dalla storia dei fantasmi.
Purtroppo il terremoto del 1783 ed alcune scosse successive contribuirono, assieme alle storie di fantasmi e di morte che ancora oggi circolano sul luogo, all'abbandono di Pentedattilo da parte dei suoi abitanti.
L’abbandono è stato definitivo solo negli anni ’60 del novecento perché oltre al terremoto e alle leggende iniziò anche un lento movimento franoso; ultimamente il paese gode di nuova vita grazie al turismo di chi è attirato dalle bellezze naturalistiche del luogo ed anche dalle sue storie.
Inoltre a Pentedattilo viene ospitato da un po' di anni a fine luglio il "Paleariza" che è un importante evento internazionale di cultura grecanica che ha avuto tra gli interpreti Tullio De Piscopo, Parto delle nuvole pesanti e Roy Paci & Aretuska; a Pentedattilo si tiene anche il Pentedattilo film Festival che è un concorso internazionale di cortometraggio che permette di far rivivere il borgo attraverso le cineprese poichè è il borgo stesso il protagonista dei filmati.
A Pentedattilo non si arriva direttamente in automobile perchè la strada è troppo stretta e molto ripida, quindi si lascia l’auto e si prosegue a piedi anche se nonostante l’abbandono le strade sono mantenute bene.
E’ stato scritto anche un libro, il titolo è "La tragedia di Pentidattilo", Falzea
che troverete nella sezione Libri.
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Articolo: Fabio Di Bitonto
Foto:
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