Nicastrello - Il borgo cancellato - Paesi Fantasma

Vai ai contenuti

Nicastrello - Il borgo cancellato

Paesi Fantasma > Italia > Calabria
Provincia: Vibo Valentia
Tipologia: Borgo costruito attorno a un monastero
Stato attuale: Ruderi
Periodo edificazione: X sec. d.C.
Periodo abbandono: Anni '60
Motivo abbandono: Emigrazione
Accesso: Su strada
Modalità di visita: Libera
Nicastriello è un paese oramai abbandonato…l’ultimo abitante è andato via nel 1976, Nicola, per essere chiuso in uno ospizio. L’uomo ha resistito finchè le sue gambe non hanno detto basta. Il paese, noto un tempo come Nicastrello, o Casalìadju, Casalello e Casaleru, è di difficile rintracciabilità, quasi come se il suo abbandono lo avesse anche cancellato dalle mappe geografiche… Eppure molti dei suoi “colleghi” conservano il nome, il territorio e una identità.

ANDREA FERA

Calabria Ora, giovedi 12 luglio 2007
“Borghi  abbandonati. Nuove rovine. Una parte consistente del tesoro contenuto  in quello scrigno che è la Calabria. Tesoro fatto di storie, di paesi  cancellati dalla geografia, di episodi importanti per la ricostruzione  dell’identità delle popolazioni calabresi. E’ il tratto distintivo di  una “terra in fuga”, come la definisce l’antropologo e scrittore Vito  Teti che, in tal senso, fornisce il contributo più completo con il  prezioso volume “Il senso dei luoghi” (Donzelli 2004) nel quale,  attraverso un’attenta disamina, ricostruisce la storia dei borghi  abbandonati di tutta la Calabria. Tra i diversi insegnamenti che si  possono trarre da quest’opera, uno fa particolarmente riflettere: «Anche  per gli abbandoni, evidentemente, esiste una gerarchia». Infatti, se in  Calabria esistono borghi abbandonati più “celebri”, come Pentedattilo,  Brancaleone o Cerenzia, ve ne sono altri che meriterebbero pari  attenzione e merito. E’ il caso del borgo abbandonato di Nicastrello,  nel territorio di Capistrano.
Nicastrello o Casalìadju, come viene chiamato dagli abitanti dei vicini paesi di Capistrano, San Nicola da Crissa e Monterosso, non è indicato in nessun inventario di borghi abbandonati. Una chiesetta, restaurata e ancora adibita al culto, immersa tra alberi da frutta, alcuni ruderi in pietra e breste, un impasto di creta e paglia cotte al sole, squarciati e inghiottiti dai rovi, di quelle che furono piccole abitazioni formate da due stanze in cui, un tempo, riuscivano a viverci anche dieci persone assieme ai loro animali, le loro poche cose. Così si presenta, oggi, questo antico Casale situato nel bosco “Fellà”, nel quale molti resti di probabile origine basiliana, attestano le prime forme di insediamento a partire dal X–XI secolo. L’origine del borgo è, tuttavia, più recente.  In un documento del 1650 si legge che all’interno del grande bosco «Fellà vi è suo Casale nominato Nicastrello, che deriva il suo nome dal Rationale Giovanne Antonio Nicastro…». Il Casale, iniziò a popolarsi in seguito all’impiego di manodopera agricola e boschiva, espandendosi tra Settecento e Ottocento, e divenendo, in seguito, comune autonomo. Nel 1868 divenne frazione di Capistrano. Da qui in poi, è la tradizione orale a fare da testimone e ad attestare la presenza, a Nicastrello, di una farmacia; una scuola; alcune botteghe di generi alimentari; tre cave di pietra calcarea; due calcare per la produzione di calce da costruzione; due frantoi e due mulini. Negli anni ’60 iniziò lo spopolamento, a cui seguì l’abbandono totale. La gente cominciò ad emigrare verso il Nord Italia oppure all’estero. Anche questo è un pezzo di quella “terra in fuga” delineata da Vito Teti.
Ma se i borghi abbandonati sono la testimonianza diretta, il  simbolo della fine di una vita che fu, è lo studioso stesso a  individuare quegli elementi di valenza esorcistica contro la morte,  riponendo nella memoria dei luoghi la chiave della sopravvivenza. I  luoghi abbandonati non muoiono mai, ma si solidificano nella memoria di  coloro che li hanno abitati, di coloro che li hanno frequentati, dei  loro discendenti, fino a costituire un fondamentale elemento di  identità. Ancora oggi, infatti, molti borghi abbandonati sono luogo di  celebrazioni religiose, di culto e, dunque, di ritorno. Il ricordo di  Nicastrello rivive nelle feste di San Filippo, il 26 maggio, e di  Sant’Elena, o Santa Lena, come viene denominata in dialetto, il 18  agosto. Il culto di Sant’Elena nacque con la costruzione del villaggio;  quello di San Filippo Neri venne introdotto, con ogni probabilità, verso  la fine del Settecento. La piccola chiesa di Nicastrello ospita al suo  interno le pregevoli statue lignee ottocentesche, di probabile scuola  serrese, raffiguranti i due santi. Queste celebrazioni religiose sono  occasione di ritorno per i pochi, superstiti abitanti, per i loro  discendenti, per la gente proveniente da Capistrano, San Nicola,  Monterosso, e per i numerosi emigrati originari di questi paesi. Nel  giorno del ricongiungimento, attraverso itinerari che legano al passato,  il vecchio borgo di Nicastrello perde il suo silenzio e riacquista la  voce. «Le feste nei paesi abbandonati – spiega Teti – costituiscono un  grande esorcismo contro la morte, affermano un nuovo bisogno di vita».  Ecco, dunque, come quel senso di morte trasmesso dai ruderi, attraverso  una potente sacralità, si tramuta in rinascita. E, ancora una volta,  emerge la lezione dell’antropologo, il quale fornisce una perfetta  definizione di questo processo di vita che si alimenta di memoria, di  questo sentimento che rimanda alla rinascita e che si identifica appieno  in un profondo “sentimento dei luoghi”.”

Foto:

Chiunque volesse contribuire al sito può inviare articoli o immagini all'indirizzo di posta paesifantasma@gmail.com

Se invece qualcuno volesse chiedere la rimozione dei propri contenuti dal sito, può seguire lo stesso iter, scrivendo e menzionando nella mail di quali immagini o articolo si tratti.
Copyright 2011 - 2023 ©Fabio Di Bitonto All rights reserved tutti i diritti riservati
Torna ai contenuti